Come detto da sempre: pagare le tasse è reato!

Sembra incredibile vero? Eppure è sancito dallo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.

Ecco un commento di Nino Galloni:

Antonino Galloni
Quando diventa un reato pagare le tasse?
La maggior parte delle persone è consapevole che evadere le tasse costituisce un reato,
ma pochi sanno che anche pagare le tasse può rappresentare una violazione della legge,
specialmente in contesti di guerra illegale. Questa tesi, supportata da figure come
l’obiettore di coscienza Chris Coverdale, solleva interrogativi profondi sulla responsabilità
morale e giuridica dei cittadini che finanziano, con le loro imposte, attività militari condotte
dai loro governi.
Le tasse come contributo alla guerra
Ogni volta che un cittadino britannico acquista un caffè o paga la propria imposta sul
reddito, una parte di quei fondi viene utilizzata per finanziare operazioni militari, spesso
connesse a conflitti illegali. La partecipazione indiretta a tali conflitti potrebbe essere
interpretata come un atto di complicità nei crimini di guerra, genocidio, crimini contro
l’umanità e crimini contro la pace.
Secondo il diritto internazionale, in particolare le leggi di guerra riconosciute dai tribunali,
come quello di Norimberga, i cittadini non solo sono chiamati a disobbedire agli ordini
illegali, ma hanno anche il dovere di non contribuire finanziariamente a guerre di
aggressione o a operazioni che violano i diritti umani. Questo concetto include il dovere di
rifiutare il pagamento delle tasse quando il denaro pubblico viene utilizzato per sostenere
conflitti illegali.
La guerra è illegale
Dal 1928, con la firma del Trattato di Kellogg-Briand, la guerra è stata formalmente
dichiarata illegale come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Questo
trattato fu alla base dei processi per crimini di guerra tenutisi a Norimberga nel 1946, dove
si stabilì chiaramente che nessuno, nemmeno i leader di uno Stato, può invocare
l’obbedienza a ordini superiori per giustificare atti di aggressione militare.
Un principio cardine del diritto internazionale è che l’uso della forza armata è giustificabile
solo in casi di autodifesa. Qualsiasi guerra condotta al di fuori di questi limiti è considerata
illegale e chiunque vi partecipi, anche indirettamente attraverso il pagamento delle tasse,
potrebbe essere considerato complice di tali crimini.
I crimini di guerra e la responsabilità dei contribuenti
Le guerre condotte dalla NATO dal 2001, in Afghanistan, Iraq, Libia e altri Paesi, sono state
considerate illegali secondo il diritto internazionale. Violando il Patto Kellogg-Briand e la
Carta delle Nazioni Unite, queste operazioni hanno causato morti civili, e chiunque abbia
finanziato queste guerre tramite le tasse può essere ritenuto colpevole di omicidio, crimini
di guerra e crimini contro l’umanità.
Questo principio è sancito anche dallo Statuto di Roma della Corte Penale
Internazionale, che afferma che chiunque sostenga, finanzi o contribuisca alla
perpetuazione di crimini di guerra può essere perseguito. Il concetto di “joint
enterprise” del common law stabilisce che i contribuenti possono essere
considerati parte integrante dell’apparato che sostiene guerre illegali.
La dottrina della complicità
In un contesto in cui la partecipazione a guerre illegali è punibile, i cittadini che
continuano a pagare le tasse che finanziano questi conflitti sono tecnicamente
complici. Questa posizione giuridica, tuttavia, non è priva di sfumature. Esiste una
clausola di salvaguardia nell’articolo 25.3(f) dello Statuto di Roma, che esenta dalla
punizione chi, una volta consapevole del crimine, cessa volontariamente la propria
partecipazione.
Secondo questa clausola, i contribuenti che decidono di interrompere
immediatamente il pagamento delle tasse in segno di protesta contro le guerre
illegali potrebbero evitare la responsabilità penale. Il dovere morale e legale di
rifiutarsi di finanziare guerre illegali viene quindi legittimato dal diritto
internazionale, riconoscendo che il contributo finanziario a conflitti che violano i
diritti umani è un crimine.
Testo da utilizzare per la ricusazione della cittadinanza all’anagrafe del proprio comune, alla prefettura e tutti gli altri organi istituzionali enti amministrativi di qualsiasi tipologia nessuno escluso.
Dopo aver vessato un popolo e svenduto il Paese Draghi ha la faccia tosta di parlare
di “catena di comando superiore che coordini eserciti eterogenei e si distacchi dalle
priorità nazionali”: non i singoli Stati (che esistono) ma l’Europa (che non esiste)
deve riarmarsi contro un nemico che è solo nella sua testa.

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Qualora non bastasse, ecco il trattato del 1928 Bryand Kellog

Il presidente del Reich germanico, il presidente degli Stati Uniti d’America, Sua Maestà il re dei Belgi, il presidente della Repubblica francese, Sua Maestà il re di Gran Bretagna e Irlanda e dei territori britannici di là dai mari, imperatore delle Indie, Sua Maestà il re d’Italia, Sua Maestà l’imperatore del Giappone, il presidente della Repubblica Polacca, il presidente della Repubblica Cecoslovacca, profondamente compresi del dovere solenne che loro incombe di promuovere il benessere dell’umanità;
persuasi che è venuto il momento di compiere un atto di aperta rinunzia alla guerra in quanto strumento di politica nazionale, affinché possano essere perpetuate le relazioni pacifiche ed amichevoli esistenti presentemente tra i loro popoli; convinti che tutti i mutamenti nelle loro relazioni vicendevoli debbano essere cercati solo con procedimenti pacifici ed essere attuati nell’ordine e nella pace e che ogni potenza firmataria che cercasse d’ora innanzi di sviluppare i propri interessi nazionali ricorrendo alla guerra dovrà essere privata del beneficio del presente trattato;

sperando che, incoraggiate dal loro esempio, tutte le altre nazioni del mondo si assoceranno a questi sforzi umanitari e, accedendo al presente trattato fin dalla sua entrata in vigore, metteranno i loro popoli in grado di profittare dei benefici delle sue disposizioni, riunendo cosí le nazioni civili del mondo in una rinunzia comune alla guerra come strumento della loro politica nazionale; hanno risolto di conchiudere un trattato e designato a questo scopo i loro plenipotenziari rispettivi, cioè:
Presidente del Reich Tedesco: Dr. Gustav Stresemann,
Ministro degli Esteri;
Presidente degli Stati Uniti d’America: Frank B. Kellogg, Secretary of State;
Sua Maestà Re del Belgio: Mr. Paul Hymans, Ministro degli Esteri;
Presidente della Repubblica Francese: Mr. Aristide Briand, Ministro degli Esteri;
Sua maestà il Re d’Inghilterra, d’Irlanda e dei domini inglese d’oltremare, Imperatore d’India: Lord Cushendun, Cancelliere del Ducato di Lancaster, Segretario di Stato per gli Affari Esteri;
Dominio Canadese: William Lyon Mackenzie King, Primo Ministro e Ministro degli Esteri; Commonwealth d’Australia: Alexander John McLachlan, Membro del Consiglio Esecutivo Federale;
Dominio Neozelandese: Sir Christopher James Parr, Alto Commissario per la Nuova Zelanda nel Regno Unito;
L’Unione Sudafricana: The Honourable Jacobus Stephanus Smit, Alto Commissario dell’Unione Sudafricana nel Regno Unito;
Stato libero d’Irlanda: Mr. William Thomas Cosgrave, Presidente del Consiglio Esecutivo; India: Lord Cushendun, Cancelliere del Ducato di Lancaster, Segretario di Stato per gli Affari Esteri; Sua Maestà Re d’Italia: Count Gaetano Manzoni, Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario a Parigi;
Imperatore del Giappone: Count Uchida, Cancelliere;
Presidente della Repubblica Polacca: Mr. A. Zaleski, Ministro degli Esteri;
Presidente della Repubblica Cecoslovacca: Dr. Eduard Benes, Ministro degli Esteri;

i quali, dopo essersi comunicati i loro pieni poteri e trovatili in buona e debita forma, hanno convenuto quanto segue:

Articolo I Le alte parti contraenti dichiarano solennemente in nome dei loro popoli rispettivi di condannare il ricorso alla guerra per la risoluzione delle divergenze internazionali e di rinunziare a usarne come strumento di politica nazionale nelle loro relazioni reciproche. Articolo II Le alte parti contraenti riconoscono che il regolamento o la risoluzione di tutte le divergenze o conflitti di qualunque natura o di qualunque origine possano essere, che avessero a nascere tra di loro, non dovrà mai essere cercato se non con mezzi pacifici. Articolo III Il presente trattato sarà ratificato dalle alte parti contraenti designate nel preambolo, conformemente alle esigenze delle loro costituzioni rispettive, e comincerà ad avere effetto non appena tutti gli strumenti di ratificazione saranno stati depositati a Washington. Una volta in vigore, cosí com’è previsto nel capoverso precedente, il presente trattato resterà aperto durante tutto il tempo necessario per l’accessione di tutte le altre potenze del mondo. Ogni strumento attestante l’accessione d’una potenza sarà depositato a Washington e il trattato, immediatamente dopo questo deposito, entrerà in vigore tra la potenza accedente e le altre potenze contraenti. Spetterà al governo degli Stati Uniti fornire a ciascun governo designato nel preambolo e ad ogni governo che accederà successivamente al presente trattato, una copia certificata conforme di esso trattato e di ciascuno degli strumenti di ratificazione o d’accessione. Spetterà pure al governo degli Stati Uniti notificare telegraficamente ai detti governi ogni strumento di ratificazione o d’accessione, immediatamente dopo il deposito. In fede di che, i plenipotenziari rispettivi hanno firmato il presente trattato steso in lingua francese e in inglese, i due testi avendo lo stesso valore, e vi hanno apposto i loro sigilli. Fatto a Parigi, il ventisette agosto millenovecentoventotto. (Seguono le firme)

Di Franco Remondina

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