La distopia e Tucidide.

Qualcosa nella memoria della Storia riesce a stupire gli stolti, ma non stupisce i saggi.
C’è una modalità sempre uguale nella storia: gli imperi cadono sempre per le stesse ragioni.
E le ragioni sono uguali a quelle di adesso, persino i modi sono gli stessi…

Tucidide e la Guerra del Peloponneso.

Siamo nel 431 avanti Cristo…

Nel Libro I Tucidide spiega le cause della guerra.

Fra le cause dirette, la questione di Corcira che, in conflitto con Corinto, si alleò con Atene alterando gli equilibri di potenza a svantaggio di Sparta; la questione di Potidea, colonia di Corinto che, defezionando dalla Lega di Delo, provocò la reazione di Atene che la mise sotto assedio; la questione di Megara, cui Atene impose un blocco commerciale perché fedele a Corinto.

Ma, per Tucidide, la causa profonda della guerra del Peloponneso fu la volontà di Sparta di opporsi al sempre più aggressivo imperialismo di Atene, che dalla fine delle guerre persiane non aveva cessato di rafforzare il proprio dominio sul mondo ellenico comprimendo progressivamente l’autonomia e la libertà delle altre poleis: “la vera ragione (…) io ritengo che sia stata la grande potenza raggiunta dagli Ateniesi; essi, incutendo timore agli Spartani, li costrinsero a dichiarare la guerra.”

Insomma, sembra adesso, dopo aver sconfitto i persiani nel giro di 60 anni scoppia una guerra tra Atene e Sparta.
Parallelamente dopo aver combattuto il Nazismo di Hitler da alleati, Usa e Russia sono diventate Atene e Sparta.

Le cause profonde per Tucidide, sono, ieri come oggi, la politica estera basata sull’utile, su interessi, su dinamiche di potere, su fattori costanti, che prescindono dal colore o dalle ideologie dei governi, così come dal giusto e dall’ingiusto.

Atene: “I forti fanno come vogliono e i deboli soffrono come devono”
Vi ricorda mica l’atteggiamento Usa?
Era cosi anche allora:
“gli Ateniesi ai Melii: “Gli dei (…), secondo il concetto che ne abbiamo, e gli uomini, come chiaramente si vede, tendono sempre, per necessità di natura, a dominare ovunque prevalgano per forze. Questa legge non l’abbiamo istituita noi e non siamo nemmeno stati i primi ad applicarla; così come l’abbiamo ricevuta e come la lasceremo ai tempi futuri e per sempre, ce ne serviamo, convinti che anche voi, come gli altri, se aveste la nostra potenza, fareste altrettanto.”

 “(…) non riteniamo per noi pericolosi quei popoli che (…) ci vorrà del tempo prima che facciano a noi il viso dell’armi; (…) ci fanno paura (…) quelli che, qua e là, come voi, non sono sottomessi ad alcuno; e quelli che mal si rassegnano ormai ad una dominazione imposta dalla necessità. Costoro, infatti, molto spesso affidandosi ad inconsulte speranze, possono trascinare sé stessi in manifesti pericoli e noi con loro.”

L’esempio di Melo – osserva Tucidide – rischiava di incoraggiare emulazioni fra le altre poleis. Pertanto, andava punita in modo esemplare. Finiti senza esito i negoziati, gli Ateniesi assediarono Melo. Alla sua resa, uccisero tutti gli uomini in età d’armi e ridussero in schiavitù donne e bambini.

Ecco perchè la Russia deve andare fino in fondo, è la storia…

Dopo 2500 anni siamo nella stessa situazione, anche a livello di divisione sociale:

Nel Libro III Tucidide narra della guerra civile a Corcira, paradigma di tutti i conflitti intestini. In questa terribile cornice ogni azione, per quanto riprovevole, è considerata lecita, ogni argine all’entropia collassa. Le convenzioni sociali, religiose e financo semantiche (“A loro talento cambiarono il significato abituale dei nomi, adattandoli alle circostanze”) che regolano la vita dell’organismo politico cessano di funzionare

Tucidide individua alcuni fenomeni che ricorrenti nelle guerre civili.

  • La confusione fra interessi di fazione e interessi personali: “(…) alcuni anche per rancori privati furono soppressi e altri uccisi per denari loro dovuti, da coloro che li avevano ricevuti”.
  • La sistematica marginalizzazione delle posizioni moderate: “chi irosamente inveiva su altri era sempre degno di fede; chi gli si opponeva era uomo da guardare con sospetto”.
  • La circostanza che il prolungato stato di guerra acuisce la brutalità anche all’interno dei organismi politici: “(…) quando regna la pace e fiorisce la prosperità, tanto le città quanto i privati cittadini hanno più serene le menti perché non avviene loro di cadere nella morsa di necessità spietate; ma la guerra (…) diventa maestra di violenze e conforma alle esigenze del momento le passioni della moltitudine”.
  • L’appello alle potenze esterne: “(…) i capi del popolo chiamavano in difesa gli Ateniesi, mentre i partiti oligarchici si rivolgevano a Sparta”.

  • Ma nonostante le cose si sappiano, c’è qualcosa che spinge a reiterare queste dinamiche.
    Atene e Sparta cessarono di essere potenze dominanti…
    Di li a poco venne Roma…
    A proposito… chiamare le “potenze estere”, come stanno facendo i nostri governanti, ci pone in quel quadro devastante descritto da Tucidide.
    L’interesse nazionale è la sola direzione da percorrere se ci si vuole salvare.
    Non capirlo è pura distopia!


Di Franco Remondina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *