La storia? Sempre la stessa…

C’è un qualcosa di tragico nella storia, una legge che pare ripetersi senza insegnare nulla a nessuno.
Dalla sconfitta dell’Invincibile Armada in poi, chi controlla gli oceani controlla il mondo.
L’unico pericolo è costituito dal blocco continentale europa-Asia…

All’inizio del XX secolo alcuni pensatori vedevano due modelli di civiltà opposti: la talassocrazia e la tellurocrazia.

Il potere del mare

Terra contro Mare

Storicamente, la civiltà europea, et in extenso la civiltà occidentale, è stata caratterizzata dalla talassocrazia come modello. Per talassocrazia (dal greco θαλασσα che significa mare, e κρατος che significa potere), si intende il dominio militare e commerciale esercitato da un’entità politica su uno spazio marittimo. Questa forma di potere, se ci atteniamo alla sua etimologia, era inizialmente utilizzata per effettuare scambi commerciali tra popoli diversi. Ma tale modello su cui prosperò l’Europa, nel tempo degenerò. Sarà proprio il potere marittimo esercitato a dare inizio alla corsa coloniale, attraverso esploratori e missionari occidentali, verso quelle che chiamavano le “terrae nullius”, cioè, secondo loro, le terre da conquistare e civilizzare.

È proprio qui che sta l’origine dei mali subiti dal continente africano, ma anche dal Sudamerica e dall’Asia. Vista da un punto di vista geopolitico e moderno (quando si dice moderno si vuole stabilire una fase storica dal 1492 ai giorni nostri), la talassocrazia rappresenta un’egemonia imperialista impregnata di un’etica conquistatrice e non sedentaria.

Il potere della terra

Terra contro Mare

Se la talassocrazia rappresenta il potere marittimo, ma anche il potere espansionista dal punto di vista geostorico e geopolitico, la tellurocrazia, invece, rappresenta il potere della terra, sedentario, stabile, senza contatto con il mare, e antiespansionistico.

Secondo diversi analisti geopolitici e pensatori all’inizio del ‘900, in particolare Halford Mackinder, considerato uno dei padri della geopolitica, la tellurocrazia si trova nell’Heartland eurasiatico, rappresentato dall’odierna Russia, e in tutti i territori dell’ex Unione Sovietica o dell’ex Impero russo.

Fin qui un estratto dell’articolo, solo per introdurre il punto davvero importante, il potere del mare che impera ormai dal 1492, anno della scoperta (sic) dell’america è rimasto in piedi da ormai 500 e passa anni usando una sola strategia: dividi, isola e impera!
Lo si vede chiaramente sapendo guardare…

La Russia dopo la nuova “Tsushima”

Ecco dall’articolo:

Mentre tutti gli occhi sono puntati sul Donbass e sale la tensione attorno a Taiwan e nelle acque del Pacifico (dove si decideranno i destini del XXI secolo), è opportuno fare un salto indietro di un secolo abbandonante, rispolverando una battaglia navale e sopratutto una combinazione geopolitica che pochissimi, oggi, ricordano: la battaglia navale di Tsushima del 1905 e l’allora possibile alleanza tra l’impero zarista (la Russia di oggi) ed il Reich tedesco (la Cina di oggi).

Saremo precisi, ma anche snelli nell’esposizione dei fatti, cosicché si possano bene afferrare le analogie col presente. Correva l’anno 1905 ed il Reich tedesco, forte di un’economia tecnologicamente all’avanguardia, di una flotta sempre più forte e di una rete ferroviaria che stava per raggiungere il Golfo persico (Bagdadbahn), appariva agli angloamericani come la minaccia n.1, la moderna Cina. Il kaiser Guglielmo II, descritto dalla storiografia come un militarista goffo ed impulsivo, era tutt’altro che sprovveduto: nella sua mente aveva concepito un’alleanza che avrebbe assicurato alla Germania l’egemonia mondiale e scongiurato il “secolo americano”. Lui, Guglielmo II, sarebbe diventato il padrone dell’Atlantico, mentre Nicola II, lo zar delle Russie, sarebbe diventato il padrone del Pacifico. L’Eurasia, in sostanza, avrebbe diretto tutto il suo dinamismo verso gli Oceani, contro gli anglosassoni.

Erano i tempi, bisogna ricordarlo, in cui la Russia stava terminando la Transiberiana (ahinoi, sono ad singolo binario, fino ai primi anni ‘30!) e premeva verso la Manciuria, Porth Arthur, Vladivostock e la Corea. La combinazione tra Germania e Russia era quindi perfetta: Berlino spingeva ad ovest e San Pietroburgo spingeva ad est. Come scongiurare l’alleanza russo-tedesca? Come impedire che i due giganti continentali allestissero due flotte così potenti da sconfiggere l’Inghilterra ed uccidere sul nascere la superpotenza americana? Molto semplice, fermando il dinamismo della Russia verso Est e indirizzandolo, nuovamente, verso ovest, ossia contro la Germania.

Erano gli anni, infatti, in cui gli angloamericani, dopo aver allevato la “rivoluzione Meiji”, si erano creati un efficiente ed agguerrito vassallo in Estremo Oriente: il Giappone. Prima che le ferrovie russe dirette verso la Corea fossero completate, gli angloamericani innescarono quella è nota come la “guerra russo-giapponese” del 1905. Tokyo (Kiev, mutatis mutandis), generosamente finanziata ed armata dagli anglosassoni, riportò una netta ed inaspettata vittoria sulla Russia, che aveva allora difficoltà a riversare il suo potenziale militare ed umano in Asia orientale. Celebre è la battaglia di Tsushima del 1905, in cui la flotta nipponica distrusse quella russa, che aveva dovuto circumnavigare l’Europa e l’Africa prima di raggiungere il teatro delle operazioni.

A noi preme sopratutto evidenziare gli effetti geopolitici dell’avvenimento. La sconfitta russa del 1905 scosse innanzitutto alle fondamenta la Russia (rivoluzione di San Pietroburgo e sanguinose rivolte nel Caucaso) anticipando di circa un decennio quelle dinamiche che sarebbero poi sfociate nel collasso dell’impero russo e nella rivoluzione bolscevica del 1917. Ma, sopratutto, la sconfitta del 1905 mutò il corso del Novecento: dopo aver trovato la strada sbarrata ad Oriente, la Russia tornò infatti ad interessarsi dell’Occidente e, in particolare, a quella polveriera che erano i Balcani, dove tedeschi e slavi erano in frizione per il controllo della regione. Il cambiamento è rapidissimo: se fino al 1905 era possibile un’alleanza russo-tedesca (trattato di Björkö del luglio 1905) solo due anni dopo, nel 1907, la Russia firma il trattato anglo-russo per la ripartizione delle sfere d’influenza tra Londra e San Pietroburgo, completando in questo modo “l’accerchiamento” della Germania da parte degli anglosassoni. Nel 1914 è l’attentato di Sarajevo: si incendiano i Balcani, la Russia collassa, la Germania è sconfitta e gli USA iniziano la scalata all’egemonia mondiale.

Ora, rapidissimo salto agli anni ‘20 del XXI secolo. In questi anni si è parlato (e le nostre analisi trattavano quasi sempre quest’argomento) di alleanza russo-cinese. L’alleanza, dicevamo, era perfettamente complementare ed avrebbe sicuramente assicurato a Mosca e Pechino la vittoria, in quanto metteva gli anglosassoni di fronte al rischio di una guerra su due fronti: la Russia avrebbe premuto verso Ovest e la Cina verso Est. Atlantico e Pacifico. Vittoria finale. Ad essere sinceri, pareva tutto troppo semplice e, infatti, nel corso del settembre 2022 si iniziano a capire molte cose.

Quando invocavamo che Russia e Cina stessero “schiena contro schiena”, davamo infatti per scontato che il dinamismo russo verso Occidente risultasse vincente. In poche parole, davamo per scontato che la Russia vincesse la guerra in Ucraina, riacquistando così una vera dimensione mediterranea, euroasiatica e quindi mondiale. Come scritto molto lucidamente nella nostra ultima analisi, è invece ormai evidente che l’attuale classe dirigente russa, tradendo gli interessi stessi del Paese, stia facendo di tutto per non vincere il conflitto ucraino che, al contrario, si sta trasformando in una vittoria piena delle potenze anglosassoni. Non solo, infatti, gli angloamericani sono riusciti a gettare Germania ed Italia in una severa crisi energetica, ma hanno addirittura eretto un’agguerrita barriera militare che si estende dalla Finlandia (prima neutrale) fino all’Ucraina, passando per la Polonia, baricentro della coalizione anti-russa. Il dinamismo russo verso Occidente, salvo improbabili colpi di scena, è quindi fermato.

Contemporaneamente, gli anglosassoni stanno incendiando (ed è probabile che moltiplicheranno gli sforzi non appena la Russia avrà ufficialmente perso la guerra ucraina) l’Asia centrale. A distanza di pochi giorni dallo sfondamento delle truppe ucraine a Charkov, si è tornato a sparare tra Azerbaigian e Armenia e tra Kirgikistan e Tagiskistan. Tutto lascia supporre, quindi, che le potenze marittime anglosassoni vogliano incendiare a breve quelli che Zbigniew Brzezinski definì nel 1997 “i Balcani mondiali”: una zona di importante strategica non solo per le ricchezze del sottosuolo (uranio, petrolio, gas, oro, minerali vari, cotone, etc.) ma anche per le vie di comunicazione est-ovest. Molte delle ferrovie in uso e progettate dai cinesi all’interno della Nuova Via della Seta passano infatti proprio in questa regione. Nell’Asia centrale, l’influenza militare russa è ancora forte, ma è facile che gli anglosassoni adoperino la prossima sconfitta russa per scardinare tutti gli ultimi “bastioni imperiali” russi rimasti dopo il collasso dell’URSS nel 1991. Dalle guarnigioni militari in Transnistria alle basi militari in Tagikistan passando per gli avamposti in Georgia, tutto subirà gravi ripercussioni dopo la probabile sconfitta russa in Ucraina.

A quel punto, Pechino potrebbe essere tentata/costretta a colmare il vuoto in Asia centrale, entrando in frizione con la Russia che si vede bloccata la strada verso l’Occidente. In sostanza, lo schema del 1905 “invertito”, in quando la moderna Germania è proprio la Cina.

Questa è, quasi certamente, la grande strategia degli anglosassoni per rompere l’alleanza russo-cinese e, si noti, è perfettamente compatibile con quanto scritto nelle nostre precedenti analisi, quando ancora davamo per scontata la vittoria russa in Ucraina: un riavvicinamento tra USA e Russia, cioè, dopo la prossima “guerra civile” americana ed il ritorno al potere di Donald Trump.

Gli eventi sono fluidi. Molto è ancora incerto. Ma tra la polvere del campo di battaglia, si inizia a delineare un nuovo scenario. Più complesso e, perciò, più realistico. Se le sorti del XXI secolo si decideranno nel Pacifico, l’Asia centrale ed i “Balcani mondiali” avranno dunque un ruolo sempre più importante nei meccanismi geopolitici mondiali. Se abbiamo ragione, con la presente analisi, rimaniamo ancora in prima linea.

Di Franco Remondina

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