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Ecco perché il crollo di Roma preannuncia il declino dell’impero americano
L’antica Roma fu l’impero più potente del mondo per 500 anni.
Al suo apice, Roma vantava strade, bagni pubblici e molto altro che era considerato quasi miracoloso per il resto del pianeta. Poi arrivò la Grande Caduta, e quello che accadde allora può essere considerato una bussola per il mondo OGGI.
Nel suo libro The City In History (1961), Lewis Mumford spiega come Roma passò da “Megalopoli a Necropoli”.
Quando l’antica Roma divenne prospera, diventò uno stato sociale insostenibile. Mumford scrive che la “generosità pubblica indiscriminata” divenne comune. Gran parte della popolazione “ha assunto il ruolo parassitario per tutta la vita”. Più di 200.000 cittadini di Roma ricevevano regolarmente elemosine di pane dai “magazzini pubblici”.
Lewis Mumford scrisse anche che il desiderio di condurre una vita industriosa e produttiva si era gravemente “indebolito”.
Allora, su cosa trascorrevano le persone il loro tempo? Distrazioni, il che significava circhi.
Il popolo romano, non lavorando per il proprio sostentamento ma vivendo della prosperità della propria città, divenne insensibile.
Mumford scrive: “Per recuperare la nuda sensazione di essere vivo, la popolazione romana, alti e bassi, governatori e governati, accorrevano nelle grandi arene” per giochi e distrazioni.
L’intrattenimento a Roma comprendeva “corse di carri, spettacolari battaglie navali ambientate in un lago artificiale, pantomime teatrali in cui venivano rappresentati atti sessuali osceni”. Oggi sono i social e il porno.
Su 365 giorni, più di 200 erano festivi e 93 erano “dedicati a giochi a spese pubbliche”.
Il consumo di intrattenimento divenne la priorità principale dei cittadini romani nella fase decadente di Roma. Come scrive Lewis Mumford, “Non essere presente allo spettacolo significava essere privati della vita, della libertà e della felicità”.
Le preoccupazioni concrete della vita divennero “subordinate, accessorie, quasi prive di significato”.
L’antica Roma poteva allo stesso tempo mandare metà della sua popolazione “nei circhi e nei teatri” . Fu dichiarato un nuovo giorno festivo per celebrare ogni vittoria militare. Ma il numero delle vacanze continuò ad aumentare anche quando il valore militare di Roma cominciò a venir meno…
Mumford scrive che nessun impero aveva una tale “abbondanza di tempo libero da riempire con occupazioni idiote”.
Persino gli imperatori romani che in privato disprezzavano i giochi dovevano fingere di apprezzarli per “paura di una risposta pubblica ostile”.
In conclusione: il potere e la prosperità dell’antica Roma hanno posto le basi per il suo collasso .
Mentre oggi gli stati sociali si espandono in tutto il mondo e le opzioni di intrattenimento diventano sempre più coinvolgenti, siamo costretti a porci una domanda: è questa la Roma della civiltà postindustriale, parte II?

Edward Gibbon, autore di The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, afferma: “ Il declino di Roma fu l’effetto naturale e inevitabile di una grandezza smisurata. La prosperità maturò il principio della decadenza; le cause della distruzione si moltiplicarono con la conquista; e, appena il tempo o l’accidente ebbero tolti i sostegni artificiali, il tessuto cedette”.
Tutte le civiltà avanzate diventano “sistemi complessi” e poi subentra la putrefazione.
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Sulla analisi non ho nulla da dire, sono le conclusioni che si traggono invece su cui c’è molto da dire…
Per esempio, come nasce e cosa è un sistema “complesso”?
I sistemi complessi, sono complessi per chi?
Dal mio punto di vista la ricerca della complessità è una condizione voluta.
Maggiore è la complessità, minore è il numero di persone che la capisce, cosi si può dire che la complessità sia la naturale scala del QI, quoziente intellettivo della popolazione.
Lo svago è offerto dal sistema solo per creare “diversivi” dalla complessità.
A cascata, tutta la complessità serve comunque a modulare in maniera piramidale una società, ma soprattutto a modellarla non in virtù della forza.
Pensa…

