Basta l’annuncio?
Se lo danno “a reti unificate”, basta e avanza. C’è una fede incrollabile nella scienza, sparsa a ogni livello sociale, tale da far accettare qualsiasi dogma.
L’ultimo dogma è la “teoria” della Relatività di Einstein, con l’annuncio della “scoperta” delle onde gravitazionali, viene rilanciato il ruolo della ricerca scientifica, come interprete della verifica materialista.
Cosa sia la gravità, non riescono a spiegarlo, però, trovano le “onde gravitazionali”, un po’ come non sapere cosa sia l’aria, ma cercare il vento.
È una questione delicata, nel linguaggio comune ci sono parole che esprimono “qualcosa”… per esempio: energia, a te sembra di sapere cosa sia l’energia, ma se vai al di là dell’enunciato, se gratti un poco, scopri solo parole vuote, che definiscono l’indefinito e l’incompreso.
Dietro l’enorme fede nella scienza, c’è la paura!
L’Homo Scientificus, è ossessionato dalla paura…
Pur non amando S. Agostino, mi viene in mente: “Confessio ignorantiae gradus est scientiae”, cioè “Riconoscere di ignorare è un passo verso la fede”. Così, la delega verso la scienza, anzi verso la scientificità, è frutto dell’ignoranza?
Si, non hai adeguati sistemi di verifica, non puoi mai verificare i dati che comunicano.
L’attuale ricerca scientifica è, per così dire, un “affare di pochi”. È un surrogato indispensabile per il sistema, quindi ogni stato cerca di depistare gli altri fornendo dati “falsi”.
La terra è rotonda… oddio, in realtà questo è quel che passa il convento, in realtà essa assomiglia più ad una patata. Dalla parte del Pacifico la curvatura manca di centinaia di Km… Non lo dicono?
Questo è per un’altra questione, sembra che la conoscenza reale dei dati di longitudine e latitudine e profondità rispetto ad un piano equatoriale ideale, abbia qualche valore nell’innesco di esplosioni atomiche.
Adesso, questo annuncio…
Fisica demenziale o annunci per dementi?
Franco Remondina
DUE MITI DELL’ODIERNA ASTROFISICA: I BUCHI NERI E LE ONDE GRAVITAZIONALI
Angelo Loinger
Dipartimento di Fisica Università di Milano.
È convincimento fondamentale che nelle scienze naturali, e in particolare in Fisica, sia possibile una distinzione netta tra i concetti veri e dimostrati e quelli semplicemente ipotizzati e ancora oggetto di dibattito scientifico.
Desidero tuttavia segnalare che si sono sviluppati recentemente, con argomentazioni almeno discutibili, varie credenze che gli adepti non intendono mettere in discussione.
Mi riferisco in particolare ai “buchi neri” e alle “onde gravitazionali”.
Per giustificare la precedente affermazione vorrei ricordare che da qualche anno mi occupo, dal punto di vista teorico, di buchi neri e di onde gravitazionali, come sanno tutti coloro che consultano il benemerito Archivio Fisico di Los Alamos su Internet (1,1bis,2,2bis). Il Nuovo Cimento, Nature, General Relativity and Gravitation, Astrophysics and Space Science hanno, con bella unanimità e diversa cortesia, rifiutato pretestuosamente, o con motivazioni scientificamente inconsistenti, di pubblicare i lavori citati in (1) e (2).
Questi lavori, come anche quelli citati in (lbis) e (2bis), hanno in verità il grave difetto di portare argomenti che dimostrano come buchi neri e onde di gravità siano oggetti del tutto fittizi, non fisici, generati da inadeguate interpretazioni di certi formalismi della Relatività Generale. Non è naturalmente il caso che io riesponga qui i ragionamenti che mi hanno condotto a confutare le radicate credenze della Lobby Internazionale del Buconero e dell’Ondagravitazionale, dilapidatrice di somme astronomiche di denaro (dei contribuenti europei ed americani), spese per ricerche intese a rivelare osservativamente i suddetti enti immaginari.
Mi limiterò pertanto, essenzialmente, a fare un po’ di storia e di cronaca delle questioni.
1. Comincio dai buchi neri.
Nessuno – dico nessuno – dei Grandi Spiriti che crearono e svilupparono la Teoria della Relatività – Einstein, Weyl, Hilbert, Levi-Civita, Eddington, Pauli, Fock, … – prese mai in considerazione l’idea che la celebre soluzione di Schwarzschild, la quale fornisce il campo di Einstein generato da un punto materiale di massa finita, in quiete, possa contenere anche solo la possibilità dell’esistenza di un buco nero.
La lettura attenta delle memorie e dei trattati dei Padri Fondatori è a tale proposito assai illuminante. Ma dirò di più: tutte le volte che qualche bello spirito avanzava l’idea della possibile esistenza dei buchi neri, essi la confutavano, nettamente.
Così, ad esempio, Eddington in conversazioni con Chandrasekhar; ed Einstein, che pubblicò nel 1939 un lavoro in cui dimostrò, con un assai ragionevole modello, che nessun collasso di nessuna stella può portare alla formazione di un buco nero (3). Ultenori argomenti sono stati da me esposti in (1) e (1bis).
Ma a partire pressappoco dagli anni sessanta un gruppo sempre più folto di fisici smaniosi cominciò a pubblicare una serie interminabile di elaborati articoli sulle stupefacenti proprietà dei buchi neri.
In tutte le biblioteche dei dipartimenti di fisica universitari è reperibile uno zibaldone di milleduecento e passa pagine, grondante di computi e di insensati bla-bla (vedi ad esempio il fantozziano scenario (4) di p.823, § 31.3), opus magnum di tre autori – che indicherò solo con le iniziali, M-T-W, dei loro cognomi-, il quale è divenuto la Bibbia dei Profeti del Nuovo Verbo. Un laterizio siffatto contiene ovviamente una vasta bibliografia, ma non è difficile accorgersi che gli autori citano anche articoli che non hanno letto!
È questo un malvezzo oggigiorno assai diffuso: per esempio, sono certo che la stragrande maggioranza dei nerobuchisti non conosce le due memorie originali di Schwarzschild del 1916, riguardanti rispettivamente il campo di Einstein di un punto materiale (5) e quello di una sfera fluida (6). Nei secoli della decadenza dell’Impero Romano d’Occidente era comune il detto “Graecum est, non legitur”; oggi accade qualcosa di simile, con la lingua tedesca al posto di quella greca. Così Salvatore Antoci ed io decidemmo di pubblicare nell’Archivio di Los Alamos una versione inglese del lavoro (5), vedi (7). In tale lavoro quel Grande, prematuramente scomparso a 43 anni nel 1916, travolto nel vortice della prima guerra mondiale, risolveva rigorosamente il problema usando un sistema di coordinate generali diverso da quello poi diventato consueto, e che è dovuto a Hilbert (8), a Droste (9) e a Weyl (10).
Orbene, nella forma di soluzione di Schwarzschild (5,7) vi è un’unica singolarità nell’origine, analogamente a quanto si verifica nella semplice soluzione newtoniana. Partendo da questa soluzione originale e originaria di Schwarzschild, l’invenzione della nozione fantascientifica di buco nero sarebbe riuscita, anche psicologicamente, assai difficile. Naturalmente, Hilbert, Droste, Weyl e tutti i Grandi Capi conoscevano perfettamente la memoria di Schwarzschild, ma preferivano per ragioni di semplicità di calcolo la forma di soluzione poi divenuta standard (e impropriamente denominata “di Schwarzschild”).
Per i Padri Fondatori della Relatività non c’era, giustamente, alcuna differenza fisica tra le due forme di soluzione, essi sapevano che la soluzione originaria di Sehwarzschild è diffeomorfica (per dirla alla Bourbaki) alla parte esterna – quella relativa a valori della coordinata radiale maggiori del cosiddetto raggio gravitazionale critico – della soluzione standard.
Nell’ultima pagina del secondo lavoro fondamentale di Schwarzschild (6), egli dà qualche indicazione sul modo di eseguire il passaggio al limite dalla sfera fluida di raggio finito al punto materiale di massa finita. Seguendo le sue istruzioni, ho eseguito il semplice calcolo (vedi (1bis)), ritrovando effettivamente la formula del lavoro (5); ciò dimostra che la singolarità schwarzschildiana nell’origine è una vera singolarità fisica e non un accidente matematico, com’è invece il caso di tante altre singolarità della Relatività Generale.
2. Il caso delle onde gravitazionali è più sottile. Fino alla morte di Einstein, la grande maggioranza dei fisici, Einstein compreso, nutriva dubbi sulla reale esistenza fisica delle onde di gravità. (Nell’aureo volumetto einsteiniano The Meaning of Relativity la locuzione “onda gravitazionale” non compare mai – come non figura mai la locuzione “buco nero”).
Si veda ad esempio quanto scrive in proposito Moller nel suo trattato del 1972 The Theory af Relativity. Si deve a Fock un serio tentativo di dimostrare teoricamente l’esistenza fisica delle onde gravitazionali – vedi il suo bel libro del 1964 The Theory of Space, Time and Gravitation -, ma il suo procedimento presenta una lacuna concettuale, come ho mostrato nell’ultimo lavoro citato in (2bis).
A partire all’incirca dagli anni settanta viene alla luce un crescente profluvio di lavori sulle onde di gravità, scritti principalmente da autori che sorvolano sul problema della loro “fisicità” o lo toccano di sfuggita. Si tratta di contributi matematicamente assai dotti e assai computativi, che sfruttano tutte le risorse della moderna analisi e della moderna geometria differenziale – come d’altronde è il caso anche di molte note sui buchi neri (11).
lo penso che la questione si debba impostare nei termini seguenti. In anni ormai lontani, Tullio Levi- Civita dimostrò per primo che l’equazione delle caratteristiche relativa alle equazioni di campo di Einstein coincide formalmente con l’equazione delle caratteristiche relativa all’equazione delle onde di d’Alembert – e alle equazioni di Maxwell (12).
E perciò chiaro che le equazioni di campo einsteiniane ammettono soluzioni di tipo ondoso, e cou tensore di curvatura diverso da zero. Si può tuttavia mostrare, con argomenti di vario genere, che tali caratteri ondosi non sono altro che proprietà formali di dati sistemi di coordinate generali (vedi (2) e (2bis)). Concludo osservando che Levi-Civita (12), con ottime ragioni, interpretava la detta equazione delle caratteristiche come l’equazione differen- ziale del moto di fronti d’onda elettromagnetici.
In questi ultimi anni ho verificato personalmente la validità del detto popolare secondo cui non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ma io credo nella ragione umana, non però nel senso, più o meno panteistieo, della filosofia classica tedesca e dell’idealismo gentiliano, ma in un senso del tutto terreno e naturalistico. E sono pertanto convinto che la marea si invertirà e si riconoscerà che il re è nudo.
Bibliografia
(1) A. LOINGER, http://xxx.lanl.gov/abs/astro-ph/9810167 (30 Oct. 1998).
(1bis) A. LOINGER, http://xxx.lanl.gov/abs/gr-qc/9908009 (3 Aug. 1999).
(2) A. LOINGER, http://xxx.lanl.gov/abs/astro-ph/9910137 (8 Oct. 1998).
(2bis) A. LOINGER, http://xxx.lanl.gov/abs/astro-ph/ 9904207 (20 Apr. 1999);
http://xxx.lanl.gov/abs/astro-ph/9906058 (3 Jun. 1999);
http://xxx.lanl.gov/abs/gr-qc/9909091 (30 Sept. 1999).
In Sintesi…
Come si vede, gli annunci scatenano reazioni Pavloviane… La teoria della Relatività, è il false flag della scienza.
Ma c’è anche un’altro che la spiega diversamente: Marco Todeschini.
“Ma una scienza che non spiega i fenomeni e non è capace di ricavarne le leggi, non è più scienza. Così ci siamo accorti che ammettendo il vuoto assoluto si è caduti in una crisi ancora più grave di quella che si voleva evitare.
Se con l’ipotesi dell’etere o con quella del vuoto, prese separatamente, non è possibile spiegare la totalità dei fenomeni, e d’altra parte entrambe non si possono ammettere perché in netto contrasto tra di loro, bisogna convenire che è indispensabile sostituirle tutte due con una terza più rispondente allo scopo.
Siamo giunti così a scoprire e dimostrare che se si considera lo spazio non solamente come estensione geometrica, come ritenuto sinora, ma lo si considera anche sostanziato di densità costante e dotato di mobilità come un fluido gassoso o liquido, con esso si possono spiegare qualitativamente e quantitativamente tutti i fenomeni naturali.
I fenomeni naturali infatti costituiscono le prove più evidenti e tangibili della densità e mobilità dello spazio poiché essi si possono ridurre tutti a correnti rotanti, traslanti od oscillanti di spazio. Così i sistemi atomici ed astronomici possono immaginarsi come vortici di spazio e le varie energie ondulatorie come moti vibranti di esso.
La fisica moderna, ritenendo che i componenti dell’atomo siano sfere di spazio vuoto rotanti su se stesse (nucleo) e rotorivoluenti intorno al centro (elettroni), e ritenendo che certi corpuscoli si dissolvano in onde energetiche, è già arrivata ad ammettere, sia pur senza dichiararlo esplicitamente, che lo spazio è mobile.
Assurdo ci sembra infatti che il vuoto cioè il nulla, possa curvarsi e trasmettere forze.
Così il movimento dei pianeti intorno al Sole, può essere da noi concepito come causato da un vortice di spazio fluido e denso, oppure dalle equivalenti forze aventi sede in uno spazio vuoto ed immobile. Da ciò consegue che: «ogni variazione di velocità di un corpo abbandonato a se stesso può essere considerata o come prodotta dalle forze che hanno sede in uno spazio assolutamente vuoto ed immobile (campo gravitazionale od elettromagnetico) nel quale è immerso il corpo; oppure come prodotta da correnti accelerate o ritardate di uno spazio fluido e denso che trascinano il corpo stesso».
Questa importante modifica del principio di equivalenza di Einstein, è stata da noi introdotta in base alla legge d’inerzia del Newton, che ci autorizza a sostituire la forza con il prodotto della massa per l’accelerazione assunta dallo spazio fluido allorché urta e trascina i corpi in esso immersi.
La legge d’inerzia ci dice quindi che è indifferente il considerare che un corpo sia stato posto in accelerazione da una forza oppure dall’urto di una massa fluida.
Matematicamente quindi è indifferente il considerare l’una o l’altra causa ed è arbitrario invece il voler sostenere, come si fa oggi, che bisogna bandire una di queste cause, cioè bisogna bandire il concetto di uno spazio denso e mobile che possa provocare il moto dei corpi.
In verità gli scienziati moderni ammettendo uno spazio vuoto suscettibile di curvature variabili e sede di forze, gli hanno in effetti attribuito tutte le caratteristiche dinamiche di uno spazio fluido mobile e denso come quello da noi concepito. Noi infatti abbiamo dimostrato che uno spazio vuoto, ogni punto del quale sia reso inerte per l’applicazione di forze da parte del mondo spirituale, si comporta come uno spazio pieno avente densità costante, proprio come ogni altra sostanza materiale.
La caratteristica della mia teoria sta appunto nell’aver svelato che la specie di vuoto sostenuto da Newton ad Einstein, si identifica col pieno sostenuto da Cartesio, Fresnel, Hertz, ecc. se in luogo di un etere compressibile si sostituisce uno spazio fluido e mobile avente densità costante, cioè incompressibile.
Stiamo attenti con le celebrazioni, se la stampa lobbysta ci bombarda con i suoi media, a me pare una tipica mossa del tipo Kansas City!
Franco Remondina
Di Franco Remondina
Egregio Prof. Angelo Linger, non ho grande dimestichezza con il computer. Avrei bisogno della sua E-mail per poterle fare pervenire un mio articolo sulle presunte onde gravitazionali. Questo articolo intitolato: Le “onde gravitazionali” e i così detti “buchi neri”. I questo articolo motivo le ragioni del mio profondo scetticismo in merito a questa presunta rilevazione. Poichè sono anch’io molto scettico in merito ad alcuni miti dell’odierna fisica e astrofisica, le chedo cortesemente di potere dialogare con lei. In attesa di riscontro invio Cordiali Saluti. Angelo Gentile